Guercino, San Sebastiano soccorso da Irene, 1619/1620
Guercino, La Sibilla, 1619/1620
San Sebastiano soccorso da Irene è citato dallo scrittore di arte bolognese Carlo Cesare Malvasia tra le opere dipinte da Guercino nel 1619 per il cardinale Jacopo Serra, in quegli anni legato pontificio a Ferrara.
Il personaggio disteso a terra, avvolto in un lenzuolo macchiato di sangue, è San Sebastiano, un soldato romano che fu legato a un palo e trafitto con le frecce per punire la sua fede cristiana.
Sulla destra un giovane gli sorregge il capo mentre un anziano gli estrae le frecce dal corpo; sulla sinistra la bellissima vedova Irene in abiti orientali prende una spugna dal catino d’acqua per pulirgli le ferite. Circondati da un edificio in rovina, tutti i personaggi della scena occupano uno spazio ristretto in primo piano, uniti da una concatenazione di gesti e di sguardi: da diversi disegni sappiamo che Guercino studiò a lungo la disposizione dei personaggi, a testimonianza del meticoloso lavoro progettuale che precedeva la messa in opera. La luce vibrante fa emergere dall’ombra gli elementi più significativi del racconto, a cui i colori densi e la pennellata fluida conferiscono drammaticità e un forte impatto emotivo.
La piccola tela esposta accanto fu a lungo interpretata come uno studio preparatorio per la figura di Irene, mentre è oggi considerata una delle prime testimonianze del reimpiego da parte di Guercino dei suoi stessi modelli per nuove committenze. Guercino ha infatti sostituito la spugna con un cartiglio per trasformare la donna in un’elegante Sibilla, una profetessa orientale col capo ornato da preziosi gioielli, esaltata dai giochi chiaroscurali.