sala 1

Quattro storie di sant’Antonio Abate

1340/1345

    Nelle Storie di sant’Antonio abate la pittura di Vitale “anziché concludersi entro la cornice dell’opera, come accade quasi costantemente nell’arte ben calibrata dei toscani, deborda sulle fasce decorative dei fondi dorati.
    L’azione resta aperta, dunque, come un brano di vita staccato all’improvviso da un contesto esistenziale continuante, come al volgere d’una pagina o allo scattare d’uno obiettivo. Lo spazio dell’opera si apre allo spazio esistenziale della vita reale e dello spettatore, dando un’ultima significazione di respiro vivente di ‘espressione’ complessa e pulsante, all’arte incomparabile di Vitale da Bologna”.
    Per la prima storia Arcangeli si rifà a un giudizio di Roberto Longhi che già ne aveva colto “movimenti di una prontezza descrittiva da non trovare riscontro nell’arte toscana” e afferma: “Solo il gusto profondamente moderno del Longhi, educato all’espressionismo del nostro secolo, poteva aprirci all’apprezzamento di questi capolavori, si pensi alle contraddizioni di questa e delle altre pitture: spazio verticalissimo, ipergotico, che sovrappone le due storie e mirabile quiete tonale nella parte alta, come un Morandi del ‘300; improvviso dei ritmi e vivente morbida penombra, davvero protoimpressionistica del bosco”.
    Nella seconda storia Arcangeli si sofferma sul colore e sul “mirabile sfolgorio azzurro della miracolosa ruota alonata che è un apice cromatico potentemente espressivo”.

    About the audio guide
    Vitale da Bologna