Vitale da Bologna

Nel percorso individuato da Francesco Arcangeli verso la riscoperta della “componente naturale, espressiva, ‘popolare’” dell’arte bolognese-emiliana, Vitale da Bologna rappresenta una tappa essenziale.
“Alle origini dell’espressione emiliana - e difficilmente si potrebbe trovare qualche cosa di più ricco e di più geniale - sta l’arte di Vitale da Bologna.
Essa si verifica in reazione dialettica a un’arte da poco ma già fermamente stabilita in cànoni e in durevoli norme come è quella di Firenze e di Siena; e la reazione ha l’autorità che viene da un’altra concezione di vita, altrettanto energica e attiva. Nella Bologna oscillante tra instabili signorie e non durevoli regimi di popolo, fra l’alta cultura dello ‘studio’ internazionale e l’antica radice popolare contadina, l’arte di Vitale, capace di assumere in sé per potenza di fisico impulso, questi opposti, è ardente, sensuale, fantastica; pronta a trascorrere gli estremi esistenziali della vita e della morte”.
“I rossi, i verdi, gli azzurri di Vitale gridano splendidi, ma come apice di una tavolozza che non perde il rapporto coi bruni delle ombre, col pedale profondo del sentimento più nascosto. Come inventore d'azione, come realizzatore di brani di vita, ad un tempo incredibili e verissimi di verità, Vitale non ha rivali nel contesto della civiltà gotica. Soltanto il Medio Evo tedesco può arrivare a volte a “un'azione altrettanto violenta, subitanea; ma che non tocca i vertici della dissociazione vitalesca, dove talvolta un solo corpo sembra soggetto a moti opposti. Il segreto di Vitale è l''improvviso', quella repentina deviazione per cui un andamento, un’azione, dopo essersi aperta in falcata eleganza, ecco, di un sùbito si spezza in una sincope geniale.”
Ed è da questa caratteristica che si può cogliere pienamente il “patos selvaggio che si sprigiona” dalla sua opera. “Il lento emergere fisico” delle sculture di Wiligelmo nel Duomo di Modena che per Arcangeli rappresentano il primo manifestarsi di un percorso artistico profondamente legato alla natura “si è ora trasferito nell’intensità del vivere; in pànico; in orgasmo. È rimasto tuttavia, anche se sommosso ora dalle maree di un’azione violentemente istintuale, lo spessore della carne e delle cose”.

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