Giuseppe Maria Crespi

Dopo Ludovico Carracci, è Giuseppe Maria Crespi che attinge, nella sua pittura, alla stessa radice popolare e che ugualmente sa ritrarre la vita nella sua quotidianità.
“Anche Giuseppe Maria Crespi fu uomo religioso, anche per lui l’inclinazione del ‘sentimento’ fu condizione importante della sua arte, ma anche più importante del sentimento religioso fu in lui, uomo libero e non conformista, l’atteggiamento verso la vita. Accumulandosi a Bologna nei secoli le sovrastrutture di un vivere civile alieno dalle guerre, e lontano dalle strade maestre della storia, vale per lui, ancora più che per Ludovico, il fatto che l’artista trapassa l’antica potente fisicità dei tempi durati fino all’Aspertini in ‘sentimento’. Ma non si tratta di facile sentimentalismo e di indiscriminata dolcezza; anzi è un caldo abbraccio del cuore e dei sensi.
Mi par di avere inteso per il verso giusto, dopo tanto tempo, il significato di quell’alone bruno, di quei fondi tra notturni e affocati da cui emergono alla luce le creature del Crespi. Rispetto alle condizioni instaurate dall’umanesimo e dai suoi tardi esiti, solo un genio della potenza del Caravaggio aveva riportato le cose a una nuova primaria fisicità. Né Ludovico prima, né il Crespi poi, riformarono così radicalmente l’idea del vivere; ma, senza cancellarla (ché in questo senso il remoto tramando d’Emilia non viene mai meno), essi travisarono l’antica idea di natura nel più moderno aspetto della quotidianità dell’esistere, da cui nasceva un nuovo patos. Il loro sentimento sembra il portato ‘espressivo’, quasi per trasudazione diretta, di quella fisicità.

Così l’alone che avvolge quasi sempre l’umanità crespiana è come l’alito grave, profondo, avvolgente, d’una materia che si anima in vitalità di sentire. In lui è un tono del tutto particolare; che si potrebbe già dire
‘protoromantico’”.

::
About the audio guide
Audio Guida